Introduzione
Il crescente grado di “maturità” dell’immigrazione nel nostro Paese rende sempre più complesso misurare i comportamenti familiari come il matrimonio o la nascita di un figlio analizzando la cittadinanza degli sposi o dei genitori al momento dei singoli eventi. Alla tradizionale dicotomia italiano/straniero si aggiunge a pieno titolo un altro segmento che è quello dei nuovi italiani. Si tratta di individui con background migratorio anche se formalmente hanno la cittadinanza italiana perché acquisita in base a una delle motivazioni che la legge italiana prevede. Tra questi ci sono anche i figli di genitori stranieri nati in Italia che sono divenuti italiani per trasmissione dai propri genitori, una delle modalità più veloci per acquisire la cittadinanza senza dover attendere il diciottesimo anno di età.
L’acquisizione della cittadinanza è considerata un indicatore di stabilizzazione e integrazione avanzata (Bloemraad et al. 2023), soprattutto in un paese come l’Italia, dove i cittadini non comunitari devono risiedere regolarmente per dieci anni prima di poter presentare la domanda di naturalizzazione ordinaria. Il forte aumento delle acquisizioni di cittadinanza registrato nel 2022 rispetto al 2021 (+76,0%) è stato in parte dovuto alla ripresa delle pratiche amministrative, che durante la pandemia avevano subito rallentamenti. Il dato del 2023 stabile rispetto a quello dell'anno precedente sembra indicare un ritorno alla normalità confermato anche nel 2024 (+1,8%).
Occorre ricordare anche che il passaporto italiano consente la libera mobilità all’interno dell’Unione Europea visto che gli stranieri, diventando italiani, acquisiscono anche la cittadinanza europea. Questa opportunità, ad esempio, ha avuto un effetto indiretto sui percorsi di acquisizione dei cittadini romeni nel nostro Paese. Infatti, in seguito all’ingresso della Romania nell’UE nel 2007, i romeni non sono più la prima collettività in termini di acquisizione di cittadinanza italiana ma si posizionano ormai da anni al terzo posto, ben distanziati da Albania e Marocco. Continuano ad essere invece la collettività straniera più numerosa residente in Italia.
Oggi si sta assistendo a una progressiva diminuzione delle acquisizioni per matrimonio e, anzi, sempre più spesso l’acquisizione di cittadinanza precede il matrimonio. Anche in quest’ambito l’avere già una cittadinanza europea assume un peso evidente nella scelta di richiedere la cittadinanza italiana nonché nella scelta proprio di sposarsi per poter avere l’opportunità di avviare la procedura di acquisizione di cittadinanza per matrimonio.
Un discorso a parte è quello legato alla doppia cittadinanza che, oggi, è prevista da molti più paesi rispetto al passato ma non da paesi come, ad esempio, la Cina. Nell’analisi costi-benefici di chi richiede la cittadinanza italiana entra in gioco sicuramente anche il perdere la propria cittadinanza originaria con evidenti ripercussioni anche sulla mobilità verso il paese di origine, sui legami transnazionali e sul sostegno dell’economia del paese di origine attraverso le rimesse; la scarsa propensione ad acquisire la cittadinanza da parte dei cinesi che vivono in Italia testimonia quanto le scelte individuali siano legate a doppio filo con fattori contestuali e congiunturali.
I percorsi di integrazione per i migranti sono complessi e consistono in molteplici fasi che possono variare a seconda di un'ampia gamma di fattori, come lo status giuridico, il livello di istruzione, le competenze linguistiche e le politiche del paese ospitante. Inoltre, la sequenza di queste fasi può differire significativamente da un individuo all'altro (Penninx et al. 2016; European Commission 2020).
Il presente lavoro mostra i principali risultati del progetto “Percorsi di stabilizzazione dei cittadini stranieri e di origine straniera: analisi dei comportamenti familiari attraverso l’integrazione tra fonti” che ha avuto come obiettivo la ricostruzione della sequenza delle tappe dei principali comportamenti familiari vissuti in Italia dai “nuovi italiani” nell'ultimo decennio. Il lavoro è stato di carattere sperimentale e ha prodotto dati integrati riferiti solo ad alcuni specifici periodi con l'obiettivo di focalizzare l’attenzione su questo particolare segmento di popolazione ancora poco conosciuto ma portatore di caratteristiche e bisogni potenzialmente diversi da quelli sia degli autoctoni sia dei cittadini stranieri (Strozza, Conti e Tucci 2021).
Nel tempo, in Italia, l’immigrazione ha riguardato una poliedricità di cittadinanze il cui avvicendarsi è legato prevalentemente a situazioni geopolitiche in continuo mutamento e a cambiamenti normativi nell'ambito delle politiche migratorie (decreti flussi e procedure di regolarizzazione). Alcune cittadinanze (come quella albanese o marocchina) hanno poi consolidato, in maniera più evidente di altre, il loro percorso d’integrazione acquisendo la cittadinanza italiana.
L’attenzione viene posta su alcuni snodi cruciali nella vita di un individuo come l’ingresso regolare nel nostro Paese, il matrimonio, la nascita di un figlio o la dissoluzione del matrimonio. Tutti questi eventi vengono letti alla luce di un’altra tappa importante, ossia quella dell’acquisizione di cittadinanza. Ad esempio, un matrimonio con almeno uno sposo di origine straniera può concludersi in un divorzio in cui uno o entrambi i coniugi abbiano acquisito la cittadinanza italiana. Il passaggio da straniero a italiano, quindi, è una trasformazione che può avvenire in qualsiasi fase della propria vita e, a seconda del momento in cui avviene, può portare con sé opportunità e scelte differenti.
Partendo da un’integrazione tra dati provenienti da differenti fonti è stato possibile porre a confronto i percorsi dei cittadini stranieri e dei nuovi italiani illustrandone le tappe più salienti. Si sono messi in luce percorsi “semplici” (ad es. due cittadini stranieri che si sposano nel 2014) contrapposti a percorsi più complessi (ad es. una cittadina straniera che diviene italiana nel 2013, si sposa nel 2014 con un cittadino straniero, nel 2016 lo sposo straniero diviene italiano per acquisizione e nel 2020, in piena pandemia, hanno un figlio). In questo lavoro si propone una visione sintetica che però allo stesso tempo possa testimoniare e valorizzare la complessità del fenomeno. Emerge, inoltre, la rilevanza della dimensione della coppia per analizzare i profili differenziali rispetto a caratteristiche quali l’età o la cittadinanza. A questo proposito è possibile costruire una “nuova” tipologia di coppia che combini non solo la cittadinanza all’evento ma anche quella alla nascita di entrambi gli sposi o genitori a seconda del fenomeno considerato.
La crescente rilevanza dell'uso e della gestione di fonti di dati amministrativi nella produzione di statistiche ufficiali in Italia ha dato sempre maggiore impulso all'approccio basato sui registri. Emergono così nuove opportunità di analisi e integrazione tra fonti diverse che amplificano la potenza informativa dei dati di origine considerati distintamente.
Da stranieri a italiani
Fino agli anni Ottanta del secolo scorso, l'Italia era principalmente un paese di emigrazione, ma a partire dagli anni Novanta è divenuta via via anche, e soprattutto, un paese di destinazione di flussi migratori. La Legge 39/1990 (Legge Martelli) ha introdotto un primo quadro normativo per regolare tali flussi e ha dato luogo a una regolarizzazione che ha riguardato circa 500 mila immigrati, principalmente provenienti da paesi come Marocco, Tunisia e Albania. Hanno fatto seguito ulteriori regolarizzazioni culminate con quella del 2003 (Legge 189/2002 - Decreto Bossi-Fini) che ha riguardato circa 700 mila lavoratori, soprattutto nel settore agricolo e domestico; di conseguenza nel 2003 vi sono state quasi 400 mila iscrizioni in Anagrafe (più che raddoppiate rispetto al 2022) e un livello simile si è osservato anche nell'anno successivo (Figura 1).
Figura 1. Cittadini stranieri iscritti e cancellati per trasferimento di residenza da e per l'estero. Anni 2002-2024 (valori assoluti) (a)
Inoltre, la fine della Guerra Fredda e, successivamente, l'espansione dell'Unione Europea hanno favorito l'arrivo di migranti dall'Est Europa (Rosina, Impicciatore 2022). Nel primo decennio degli anni Duemila la popolazione straniera non solo riesce a rallentare il declino demografico ma innesca una fase di crescita: si passa dai 356 mila residenti del 1991 a 1,3 milioni del 2001 fino ai 4 milioni del Censimento della Popolazione e delle Abitazioni del 2011. Tuttavia, l’impatto della crisi economica del 2008 deprime fortemente la mobilità internazionale e i flussi di ingresso; le politiche migratorie divengono via via più restrittive e i decreti flussinon sono stati previsti con continuità. I migranti continuano però ad arrivare in Italia sia per ricongiungimento familiare, sia – sempre più numerosi – in cerca di asilo e protezione e le politiche migratorie si concentrano soprattutto sugli aspetti emergenziali. Con la pandemia e le restrizioni alla mobilità si assiste a una battuta d’arresto dei flussi in entrata e un successivo recupero (Istat 2025b).
Tutte queste fasi altalenanti portano a 5.253.658 cittadini stranieri abitualmente dimoranti in Italia al 1° gennaio 2024 (l’8,9% della popolazione totale); trent’anni fa erano meno dell’1% (Istat 2024b). I cittadini stranieri residenti in Italia appartengono a 194 nazionalità differenti. La Romania si conferma il paese di cittadinanza con il maggior numero di residenti (20,4% del totale), seguita a distanza dall’Albania e dal Marocco (rispettivamente con il 7,9% e il 7,8%). Le collettività cinese (5,9%) e ucraina (5,2%) si confermano la quarta e quinta per numerosità, seguite da quelle di Bangladesh, India, Egitto, Pakistan e Filippine (Figura 2).
Dopo quarant’anni dall’arrivo dei primi flussi migratori oramai l’Italia si trova in una fase matura della propria storia migratoria che richiede, quindi, di progredire sul processo di inclusione della popolazione che vive stabilmente sul suo territorio.
Figura 2. Popolazione straniera residente al 1° gennaio per sesso e principali paesi di cittadinanza. Anno 2024 (valori assoluti e percentuali)
Il termine "nuovi italiani" si riferisce alle persone che hanno acquisito la cittadinanza italiana, un fenomeno di crescente rilevanza; l'analisi dei dati relativi all'acquisizione di cittadinanza offre uno spaccato fondamentale sui processi di integrazione degli immigrati e sull'evoluzione della composizione demografica del Paese.
Le acquisizioni di cittadinanza danno conto non solo del presente scenario migratorio, ma anche di quello del passato perché, come vedremo, anche le migrazioni avvenute in tempi molto lontani possono influenzarne le tendenze odierne.
Dal 2011 il numero di acquisizioni di cittadinanza in Italia è stato contrassegnato da fasi di crescita e fasi di flessione. L'evoluzione del numero di acquisizioni di cittadinanza, così come già osservato per i flussi in entrata, è verosimilmente influenzata da una combinazione di fattori socio-politici ed economici, oltre che da eventi di portata globale come la pandemia da Covid-19. Le politiche sull'immigrazione e sulla cittadinanza, così come le strategie di vita dei migranti, possono avere un impatto considerevole su questi numeri anche a distanza di molti anni. Dopo una notevole crescita culminata nel 2016 (con più di 200 mila acquisizioni), si è osservato un trend di diminuzione, seguito da una ripresa molto evidente nel 2022 (+76,0%). Sul massimo osservato nel 2016 ha esercitato una qualche influenza la grande regolarizzazione del 2003 che ha dato poi frutti in termini di acquisizioni di cittadinanza per residenza più di dieci anni dopo. La diminuzione osservata durante il periodo pandemico, invece, è attribuibile alle restrizioni di viaggio e ai rallentamenti nelle procedure amministrative. L’impennata del 2022, quindi, si spiega in parte con la ripresa delle pratiche amministrative dopo lo stop causato dalla pandemia. Nel biennio 2023-24, infine, si ritorna a rilevare un fenomeno nel pieno della sua regolarità, alimentato dal peso di una popolazione straniera residente che a fine 2024 si attesta a 5,4 milioni.
Nel 2024 sono stati 218 mila gli stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana, un dato in leggero aumento rispetto all'anno precedente (+1,8%). Tra questi, la grande maggioranza — quasi 200 mila persone, pari al 91,9% del totale — proviene da paesi non appartenenti all’Unione Europea. La distribuzione per sesso dei nuovi cittadini non comunitari evidenzia una lieve prevalenza maschile (51,3%).
Focalizzando l'attenzione sui nuovi italiani non comunitari e sulle modalità di acquisizione, oltre il 42% ha ottenuto la cittadinanza per residenza (quasi 85 mila persone); il 31,7% è composto da minori che sono diventati italiani per trasmissione del diritto dai genitori; al terzo posto si collocano le acquisizioni iure sanguinis, che nel 2024 hanno riguardato quasi 22 mila persone (l’11,0% del totale). Non si deve, infatti, dimenticare che in Italia la crescita recente delle acquisizioni di cittadinanza non è da ricondurre soltanto all’immigrazione e alla stabilizzazione sul territorio dei cittadini stranieri, ma anche all’antica emigrazione degli italiani soprattutto verso i paesi del continente americano. Questa tipologia di acquisizioni ha registrato un vero e proprio boom negli ultimi anni. Nel 2023, ad esempio, le acquisizioni iure sanguinis concesse in Italia sono più che triplicate rispetto al 2021 e cresciute del 31% anche rispetto al 2022. Nel 2024 si è registrato un lieve calo, a conferma di un fenomeno stabilizzatosi su cifre significativamente importanti.
Prosegue invece la diminuzione delle acquisizioni per matrimonio, che nel 2024 sono state circa 19 mila; in gran parte si tratta di acquisizioni da parte di donne (79,5%) (Figura 3).
Figura 3. Acquisizioni di cittadinanza italiana dei cittadini non comunitari per motivo. Anni 2011-2024 (valori assoluti)
Infine, sono poco meno di 11 mila i giovani non comunitari, nati e cresciuti in Italia, che hanno scelto di diventare italiani al compimento del diciottesimo anno di età.
Per quanto riguarda le cittadinanze di origine restano in cima alla graduatoria le collettività di presenza “storica” in Italia. Nel 2024 sono diventati cittadini italiani quasi 32 mila albanesi e 28 mila marocchini. In entrambi i casi, la cittadinanza viene acquisita soprattutto per residenza o per trasmissione ai figli minori, modalità che insieme rappresentano oltre l’84% dei casi.
Seguono gli argentini, gli indiani e i brasiliani, seppur con numeri sensibilmente inferiori. Se i nuovi italiani di origine indiana (oltre 12 mila, pari al 6,1% del totale) ottengono la cittadinanza principalmente per residenza o per trasmissione ai minori, quelli di origine argentina (circa 13 mila e 600, 6,8%) e brasiliana (oltre 11 mila, 5,5%) la acquisiscono quasi sempre iure sanguinis. Non a caso, il 94% delle cittadinanze concesse a cittadini non comunitari discendenti da avi italiani riguarda proprio persone di origine argentina (55,2%) e brasiliana (38,8%).
Il numero consistente di stranieri che ogni anno diventano italiani ha portato a una crescita del numero di italiani di origine straniera residenti nel nostro Paese. Al 31 dicembre 2024 si stima che in Italia risiedano quasi 2 milioni e 90 mila nuovi cittadini italiani.
Sono i cittadini albanesi a presentare il valore più alto di italiani originari dell’Albania: ogni 100 albanesi residenti si contano circa 94 italiani di origine albanese (Figura 4). L’altra cittadinanza con una presenza ormai profondamente radicata sul nostro territorio è quella marocchina: in questo caso vi sono 73 italiani originari del Marocco ogni 100 marocchini residenti. La comunità ucraina rappresenta un caso particolare: una quota rilevante, infatti, è costituita da persone che non sono stabilmente in Italia ma sono arrivate recentemente per protezione temporanea; si contano 12 nuovi italiani di origine ucraina ogni 100 ucraini residenti. Per 100 cittadini della Cina, quarta collettività presente in Italia, vi sono solo sette nuovi italiani di origine cinese. Al di là di fattori culturali che possono incidere sulla propensione ad acquisire la cittadinanza italiana, va ribadito che per alcuni paesi, tra cui la Cina, l’acquisto di una nuova cittadinanza implica la perdita di quella di origine.
Figura 4. Cittadini italiani di origine straniera per 100 stranieri residenti della stessa origine al 31 dicembre 2024 (valori percentuali)
Infine, è interessante notare come, tra i nuovi italiani, circa 1 milione e 790 mila (85,6%) siano originari di un paese non comunitario. La popolazione italiana residente di origine non comunitaria ha una struttura per età sensibilmente più giovane di quella italiana dalla nascita: fino a 17 anni sono il 19,4% contro il 14,3% e, di converso, dai 65 in poi sono l’8,1% contro il 27,2%.
I matrimoni per tipologia di coppia
Nel 2023 i matrimoni celebrati in Italia sono stati 184 mila, a conferma di un ridimensionamento della nuzialità che negli ultimi quarant’anni non ha conosciuto soste, al netto di alcuni momenti storici duranti i quali il numero di matrimoni ha mostrato andamenti altalenanti in relazione a fenomeni di tipo congiunturale. Negli anni Settanta del secolo scorso le nozze erano oltre 400 mila, alla fine degli anni Novanta erano scese a poco più di 280 mila. La crisi economica del 2008 ha ulteriormente accentuato il ritmo della diminuzione. Nel 2020 il numero dei matrimoni si è dimezzato, da oltre 180 mila del 2019, a 96,8 mila, per effetto delle misure di contenimento della pandemia da Covid-19, con molte celebrazioni rinviate agli anni successivi e altre mai recuperate (Istat 2025d).
In una lunga fase di calo continuo dei matrimoni e della nuzialità nel nostro Paese, le unioni coniugali che coinvolgono la componente straniera si mantengono su livelli tendenzialmente elevati. Nel 2023 sono state celebrate circa 30 mila nozze con almeno uno sposo straniero (il 16,1% del totale dei matrimoni), stabili rispetto all’anno precedente e in aumento rispetto al 2011 quando erano pari al 13%. Le coppie con sposo italiano e sposa straniera sono state oltre 15 mila, l’8,4% delle celebrazioni nel 2023 (Figura 5).
Le donne italiane che hanno scelto un partner straniero sono 5.822, il 3,2% del totale delle spose. La cittadinanza degli sposi nei matrimoni misti presenta diversità rispetto al genere e le ragioni di questi diversi comportamenti nuziali vanno ricercate, verosimilmente, nei progetti migratori e nelle caratteristiche culturali proprie delle diverse comunità, oltre che nella prevalenza maschile o femminile delle collettività presenti in Italia. Nel 2023 gli uomini italiani hanno sposato una cittadina rumena nel 19,8% dei casi, ucraina nel 9,7%, brasiliana nel 6,1% e russa nel 5,9%. Le donne italiane hanno contratto matrimonio più frequentemente con uno sposo di cittadinanza marocchina (11,9%) o albanese (8,5%).
Figura 5. Matrimoni con almeno uno sposo straniero per tipologia di coppia. Anni 2011-2023 (valori assoluti e percentuali)
I matrimoni tra cittadini entrambi stranieri ammontano a 8.521, di questi 5.184 con almeno uno sposo residente in Italia; i restanti 3.337 corrispondono a nozze celebrate in Italia da parte di non residenti (“turismo matrimoniale”). A partire dal 2020 questa tipologia di nozze (coppie di entrambi stranieri e non residenti) aveva subito una consistente flessione a causa delle restrizioni imposte alla mobilità internazionale, passando dai 4.094 del 2019 ai 918 del 2020 (-77,6%); nel 2021 si è avviata una fase di ripresa (1.574) consolidatasi negli anni successivi (Istat 2024a).
I matrimoni tra stranieri in cui almeno uno dei due sposi risulti residente in Italia (depurati quindi dall’effetto del “turismo matrimoniale”) nel 2023 sono stati 5.184, stabili in valore assoluto rispetto ai 5.142 dell’anno precedente. Va ricordato che in molti casi i cittadini immigrati arrivano in Italia dopo aver già contratto il matrimonio nel paese di origine oppure vi fanno temporaneamente ritorno per questo scopo; un significativo numero di celebrazioni di cittadini stranieri residenti in Italia, quindi, avviene all’estero e non rientra tra i matrimoni oggetto della rilevazione Istat sui matrimoni.
La scelta del partner è determinata sia da preferenze individuali che da fattori contestuali (Kalmijn 1998). Anche il mercato matrimoniale influenza la scelta che dipende, infatti, dalla disponibilità di potenziali partner con caratteristiche socio-economiche e culturali simili (Kulu and Hannermann 2019). Sposarsi con un autoctono e poi acquisire la cittadinanza del paese di accoglienza sicuramente può facilitare l’inserimento nel mercato del lavoro e nella società di accoglimento concettualizzando il matrimonio misto come indicatore di integrazione. Tuttavia, non è detto che le nozze avvengano a valle di un processo di integrazione; potrebbero piuttosto segnalare una domanda di integrazione attribuendo al matrimonio lo specifico ruolo di sancirne una di tipo formale (Azzolini e Guetto 2017). Questa domanda di integrazione assume un significato ancora diverso se il matrimonio misto contempla un cittadino straniero e uno divenuto italiano per acquisizione (Guarneri, Strozza e Tucci 2021).
Oggi si sta assistendo a una progressiva diminuzione delle acquisizioni per matrimonio e sempre più spesso l’acquisizione di cittadinanza precede il matrimonio come si mostrerà a breve considerando la cittadinanza alla nascita dei nubendi e ponendola a confronto con quella all’evento del matrimonio. Integrando le informazioni provenienti da archivi differenti è possibile comprendere se gli sposi siano italiani dalla nascita o per acquisizione, in modo da far luce sui comportamenti nuziali in base al background migratorio. L’operazione consiste, in pratica, nel combinare la cittadinanza posseduta alla nascita con quella all’evento del matrimonio di entrambi gli sposi, dando la possibilità di costruire una nuova tipologia di coppia che includa l’informazione sul background migratorio. Con questa nuova classificazione, nel 2023, i matrimoni di entrambi italiani in cui almeno uno dei due sia divenuto precedentemente italiano (per acquisizione) sono quasi 7 mila mentre quelli celebrati tra coppie miste in cui il partner sia precedentemente divenuto italiano sono poco più di 3 mila (Figura 6). Si tratta di numeri in termini assoluti ancora contenuti ma che, soprattutto negli ultimi anni, evidenziano un netto trend di crescita e di consolidamento.
Figura 6. Matrimoni con almeno uno sposo italiano per acquisizione per tipologia di coppia. Anni 2011-2023 (valori assoluti)
In termini relativi, tra i matrimoni misti del 2023 il 14,6% coinvolge uno sposo italiano per acquisizione; nel 2018 questa quota era esattamente la metà. Tra i matrimoni di entrambi sposi italiani, quelli in cui almeno uno dei due è italiano per acquisizione sono il 4,5%; quota più che raddoppiata rispetto al 2018 (Figura 7). Tra i matrimoni misti, se consideriamo anche la dimensione di genere, quando è la sposa a essere italiana per acquisizione, più di una su quattro è di origine straniera.
Il consistente aumento della presenza di italiani per acquisizione al momento del matrimonio è in linea con un più avanzato processo di integrazione dei cittadini stranieri; sempre più matrimoni, teoricamente misti, sono in realtà celebrati tra cittadini che alla nascita possedevano la stessa cittadinanza estera. Occorre, quindi, ripensare il concetto e la valenza della coppia mista.
Figura 7. Matrimoni per tipologia di coppia. Anni 2011-2023 (valori percentuali)
Infine, adottando una prospettiva di tipo longitudinale per coorte di matrimonio, è possibile analizzare negli anni successivi al matrimonio quanti cittadini stranieri effettivamente acquisiscono la cittadinanza . A nove anni dal matrimonio, il 21,7% degli uomini stranieri e il 39,3% delle donne straniere che si sono sposati nel 2014 sono diventati italiani, mettendo in luce una forte differenziazione per genere.
Si osservano spiccate peculiarità anche per tipologia di coppia. I cittadini stranieri in coppia con una sposa italiana dalla nascita, dopo nove anni di matrimonio, hanno acquisito la cittadinanza nel 24,8% dei casi. Tale quota sale all’82,6% se sono in coppia con una cittadina italiana per acquisizione (Figura 8).
Figura 8. Acquisizioni di cittadinanza per durata trascorsa dal matrimonio per tipologia di coppia. Coorte di matrimonio 2014 (percentuali cumulate e valori percentuali)
Le donne straniere – per le quali il processo di acquisizione risulta ben più consistente – a nove anni dal matrimonio, se in coppia con un cittadino italiano per acquisizione, divengono italiane nel 91,5% dei casi mentre, se in coppia con un italiano dalla nascita, la percentuale di assesta al 46,9%.
Il picco di acquisizioni è ben visibile a quattro anni di distanza dal matrimonio, risultando parzialmente riconducibile ai tempi tecnici di concessione della cittadinanza. Ovviamente le modifiche legislative che regolano queste tempistiche si ripercuotono necessariamente anche su questi andamenti. Tale picco appare particolarmente rilevante quando sono le donne ad acquisire la cittadinanza e soprattutto quando sono in coppia con uomini italiani (sia dalla nascita sia per acquisizione). Per gli uomini che acquisiscono la cittadinanza italiana il picco dei quattro anni si verifica quando sono in coppia con donne italiane dalla nascita; quando sono in coppia con donne italiane per acquisizione, invece, il valore massimo si osserva dopo tre anni dal matrimonio lasciando presumere che si tratti di percorsi di naturalizzazione ordinaria per residenza che sono giunti a compimento.
Le unioni civili con almeno un cittadino con background migratorio
Il 5 giugno 2016 è entrata in vigore la legge che ha introdotto in Italia l’istituto dell'unione civile tra persone dello stesso sesso. Al boom iniziale ha fatto poi seguito una progressiva stabilizzazione: nel 2023 sono 3.019 le unioni civili tra coppie dello stesso sesso che si sono costituite presso gli Uffici di Stato Civile dei comuni italiani. Si conferma, anche nel 2023, la prevalenza di unioni tra uomini (1.694 unioni, il 56,1% del totale), stabili rispetto all’anno precedente (56,7%). Al pari dei matrimoni, anche le unioni civili si caratterizzano per la presenza di partner con cittadinanza italiana per acquisizione (Figura 9). Tra le unioni miste tra partner italiano e straniero che si sono costituite nel 2023, il 14,8% coinvolge un partner italiano per acquisizione; nel 2018 questa quota era molto più contenuta (4,8%). Tra le unioni di partner entrambi italiani, quelli in cui almeno uno dei due è italiano per acquisizione sono il 4,5%; quota quasi triplicata rispetto al 2018. Anche tra le unioni civili, quindi, coppie che sembrano miste in realtà hanno in origine partner della stessa cittadinanza. Analogamente, cresce progressivamente la proporzione di coppie di entrambi italiani in cui almeno uno dei due è italiano per acquisizione.
Figura 9. Unioni civili per tipologia di coppia. Anni 2018-2023 (valori assoluti e percentuali)
Si osservano, inoltre, situazioni differenziate se si considerano distintamente le coppie di uomini e quelle di donne. Nel primo caso, nel 2023, le unioni civili di uomini in cui almeno uno dei due abbia un background migratorio (straniero o di origine straniera) sono il 25,4%; nel 2018 erano il 33,3%. Per le unioni civili di donne tale quota nel 2023 è pari al 14,8% (nel 2018 era l’11,7%) (Figura 10).
Figura 10. Unioni civili per sesso e per tipologia di coppia. Anni 2018-2023 (valori assoluti e percentuali)
Tipologie di coppia a confronto: la differenza media di età tra i partner
Diversi studi hanno analizzato la differenza di età tra gli sposi nelle coppie miste. Queste analisi si focalizzano in genere su situazioni in cui i partner presentano un divario di età rilevante (Elwert 2020; Stamper Balistreri et al. 2017). Diversi modelli di assortative mating definiscono una sorta di “contrattazione” tra partner stranieri e autoctoni (Gabrielli et al. 2016). I dati delle rilevazioni Istat sui matrimoni e sulle unioni civili avvenuti in Italia nel 2023, integrati con le informazioni sulle acquisizioni di cittadinanza, rendono possibile il confronto tra i vari profili di coppia (cittadini stranieri, neo-italiani, italiani dalla nascita) distinti per genere.
Si mette a confronto la differenza di età tra gli sposi nei matrimoni e quella tra i partner nelle unioni civili, in relazione alle principali caratteristiche socio-demografiche delle coppie. La possibilità di distinguere la cittadinanza sia di coloro che si sposano sia di coloro che si uniscono civilmente consente di far luce sui comportamenti di formazione familiare basati sul loro background migratorio. In particolare, si è inteso verificare se le unioni civili tra persone dello stesso sesso confermano i modelli di selezione del partner in base all’età che si riscontrano nei matrimoni con almeno uno sposo con background migratorio. La differenza media di età (age gap) nel caso di coppie di sposi entrambi italiani è pari a 4,4 anni ed è inferiore al valore calcolato sia per tutti i matrimoni (4,8 anni) sia per i matrimoni con entrambi gli sposi stranieri (4,6 anni). Se però si considera anche il background migratorio, quando lo sposo è italiano dalla nascita e la sposa è una nuova italiana, la situazione cambia. In questo caso, infatti, la differenza media di età (6,5 anni) è di circa 2 anni superiore a quella calcolata negli altri tipi di coppie (Figura 11).
Figura 11. Differenza di età nei matrimoni con sposi entrambi italiani ed entrambi stranieri. Anno 2023 (media in anni)
Concentrandosi sui matrimoni con sposo straniero, è emerso che, nel 2023, quando la sposa è italiana (per nascita o nuova italiana), la differenza media di età tra i partner è pari a 5,3 anni, non differendo molto né dal valore calcolato sul totale degli sposi (4,8) né dal valore calcolato sulle coppie con entrambi gli sposi stranieri (4,6) o entrambi italiani (4,4). Inoltre, il fatto che la sposa sia italiana dalla nascita o per acquisizione non comporta una significativa diversità in termini di age gap dei partner: nella prima circostanza, infatti, esso risulta pari a 5,4 mentre nella seconda risulta pari a 5,1 anni.
La situazione, al contrario, è molto diversa se ci si concentra sulle coppie in cui lo sposo è italiano (per nascita o acquisizione) e la sposa è cittadina straniera. In questo caso, la differenza media di età tra i partner è di 8,5 anni, più di 4 anni rispetto ai matrimoni con entrambi sposi italiani per nascita, oltre 3,5 anni considerando la differenza di età calcolata sia sul totale dei matrimoni che sulle coppie con entrambi gli sposi stranieri. Concentrando l'attenzione sui soli sposi italiani dalla nascita e sposa straniera, la differenza media di età raggiunge gli 8,8 anni mentre se lo sposo è un nuovo italiano la differenza di età scende a 5,7 anni (Figura 12).
Figura 12. Differenza di età nei matrimoni con uno sposo straniero. Anno 2023 (media in anni)
La struttura per età di chi entra in unione civile è molto diversa da quella di chi si sposa, soprattutto tra gli uomini: nel 2023 la quota degli uomini con meno di 40 anni che si unisce civilmente è pari al 37,0%, molto più bassa di quella osservata tra gli sposi di pari età (59,2%).
Ben oltre la metà (56,6%) delle donne che si uniscono civilmente nel 2023 ha meno di 40 anni (era il 50,0% nel 2018). I profili per età delle donne che si uniscono civilmente appaiono molto più simili a quelle delle spose: nel 2023 si osservano nella fascia di età 30-39 anni rispettivamente il 42,8% delle unite civilmente e il 41,7% delle spose (Istat 2024a).
Andando, quindi, ad analizzare le differenze di età, le unioni civili maschili costituite nel 2023 in cui i partner siano entrambi italiani presentano un age gap pari a 7,8 anni, inferiore al valore calcolato su tutte le unioni maschili (8,3 anni). Se però consideriamo anche il background migratorio, quando un partner è italiano dalla nascita e l’altro è un nuovo italiano, la differenza media di età sale a 9,9 anni.
Tra le coppie di donne entrambe italiane la differenza media di età (5,2 anni) è sostanzialmente in linea con il valore calcolato su tutte le unioni di donne (5,3 anni). Osservando il background migratorio, tuttavia, quando una partner è italiana dalla nascita e l’altra è una nuova italiana la differenza di età aumenta raggiungendo i 7,3 anni (Figura 13).
Figura 13. Differenza di età nelle unioni civili con partner entrambi italiani ed entrambi stranieri. Anno 2023 (media in anni)
Osservando le unioni civili con cittadinanze miste, le coppie di uomini con un partner italiano (per nascita o nuovo italiano) e un partner straniero mostrano una differenza media di età di 10,5 anni, oltre 2 anni in più rispetto alla media complessiva delle unioni civili maschili, superiore anche a quella rilevata tra coppie di entrambi italiani per nascita o di entrambi stranieri. Concentrando, invece, l'attenzione sugli uniti civilmente italiani dalla nascita con un partner straniero, la differenza media di età raggiunge i 10,7 anni mentre quando il partner è un nuovo italiano tale differenza scende a 8,7 anni.
Per quanto riguarda le unioni civili di donne con differenti cittadinanze al momento dell’evento, emerge una differenza media di età di 6,3 anni, un anno in più rispetto alla media complessiva delle unioni civili femminili, superiore anche a quella relativa alle coppie di entrambe italiane per nascita (6 anni), mentre la differenza è irrisoria rispetto alle coppie di entrambe straniere (5,8 anni). Quando, infine, la partner è una nuova italiana unita civilmente con una straniera la differenza media di età sale a 7,4 anni (Figura 14).
Figura 14. Differenza di età nelle unioni civili con un partner straniero. Anno 2023 (media in anni)
Nati da genitori con background migratorio: un’analisi territoriale e per cittadinanza
In Italia, i nati da coppie nelle quali almeno uno dei genitori ha la cittadinanza straniera al momento della nascita del figlio sono quasi 81 mila e rappresentano il 21,8% del totale dei nati nel 2024. Il loro numero è aumentato nel corso degli anni Duemila per poi registrare una diminuzione a partire dal 2012 (-25,2% confrontando il 2024 con il 2012). In particolare, dal 2012 a oggi, sono diminuiti i nati da genitori entrambi stranieri (-36,7%), mentre le nascite da coppie miste hanno registrato un andamento oscillante, caratterizzato da aumenti o stazionarietà (Figura 15).
I nati da coppie miste (padre italiano e madre straniera oppure padre straniero e madre italiana) sono 30 mila e rappresentano l’8,1% del totale dei nati. I nati da genitori entrambi stranieri sono nel 2024 pari a 50 mila (il 13,7% del totale dei nati). La quota di nati da coppie in cui almeno un genitore è straniero è più elevata nel Centro-Nord, dove la presenza straniera è più stabile e radicata. Nel Nord la percentuale di nati da almeno un genitore straniero sul totale è pari nel 2024 al 30,6%, nel Centro è pari al 24%, quindi al di sopra del valore nazionale (21,8%). Nel Mezzogiorno l’incidenza è invece molto più bassa, pari al 9,3%. Restringendo l’analisi ai soli nati da genitori entrambi stranieri, la geografia rimane analoga. Le quote dei nati stranieri, nel 2024, sono pari al 19,1% nel Nord e al 15,3% nel Centro. Nel Mezzogiorno, la quota è pari al 5,7%, molto distante dal valore nazionale pari al 13,7% (Istat 2025c).
Figura 15. Nascite della popolazione residente per tipologia di coppia. Anni 2008-2024 (valori assoluti)
Come è noto, in Italia si sono nel tempo avvicendate cittadinanze diverse e, tra queste, alcune hanno contribuito in maniera essenziale a contenere il declino della fecondità anche per via di una struttura per età più giovane rispetto alle donne italiane. Tuttavia, oggi, in parte le donne immigrate arrivate già da tempo sono “invecchiate” e in parte i loro comportamenti riproduttivi (in termini di età in cui fare il primo figlio e di numero di figli totale) tendono ad essere sempre più simili a quelli delle donne italiane. Tale comportamento rientra nell’ambito della “adaptation theory” secondo cui, man mano che aumenta il tempo di permanenza in un paese di destinazione, si tende ad adottare comportamenti sempre più simili a quelli della popolazione autoctona connotata, come è noto, da una fecondità bassa e tardiva. La teoria contrapposta è quella della “socialization theory” che, invece, pone l’accento sul fatto che le scelte riproduttive siano fortemente influenzate dal contesto culturale e sociale nel quale gli individui sono cresciuti, presentando caratteristiche più simili a quelli di coloro che vivono nel paese di origine (Impicciatore, Gabrielli, Paterno 2020; Mussino, Gabrielli, Ortensi, and Strozza 2021).
La fotografia dei nati con almeno un genitore straniero vede nel 2024 al primo posto i nati da coppie in cui almeno uno dei genitori è romeno (10.532 nati nel 2024), seguono quelli con almeno un genitore marocchino (9.448) e albanese (9.115) (Figura 16). In riferimento a queste tre cittadinanze, mediamente, circa il 60% dei genitori sono entrambi stranieri, il 40% sono in coppia mista. In particolare, esaminando le singole cittadinanze, la quota più elevata di nati da genitori entrambi stranieri sul totale dei nati con almeno un genitore straniero, si osserva per la cittadinanza nigeriana (91,1% dei casi). Con riferimento alla quota di nati in coppia mista, la percentuale più alta si registra per la cittadinanza ucraina (52,9%, di cui il 48,0% composta da madre ucraina e padre italiano). Per quanto riguarda le coppie miste in cui il padre è straniero, la percentuale risulta più elevata per la cittadinanza tunisina (17,1%).
Figura 16. Nati con almeno un genitore straniero per tipologia di coppia e principali paesi di cittadinanza dei genitori. Anno 2024 (valori assoluti) (a)
Considerati i percorsi di integrazione della popolazione immigrata e, tra questi, l’aumento delle acquisizioni di cittadinanza italiana, diventa sempre più complesso studiare i comportamenti riproduttivi degli individui con background migratorio utilizzando il solo criterio della cittadinanza al momento della nascita del figlio. Per meglio analizzare il contributo alla natalità della popolazione con background migratorio diventa quindi necessario individuare i nati dai genitori “nuovi italiani”, ovvero da quei genitori che sono italiani per acquisizione alla nascita del figlio e che avevano quindi cittadinanza straniera in precedenza (o perché immigrati dall’estero o perché figli di immigrati stranieri). Nell’ambito delle nascite da coppie miste e da coppie di genitori entrambi italiani è, quindi, interessante quantificare in quante di queste situazioni almeno un genitore sia italiano per acquisizione. Questo è possibile agganciando gli eventi di nascita e le caratteristiche dei genitori alle informazioni sulle acquisizioni di cittadinanza, correntemente aggiornate sia sul versante dei flussi annuali sia su quello dello stock di nuovi cittadini italiani residenti a fine anno. Le coppie miste anche qui, come già osservato per i matrimoni, cambiano accezione: in più di tre casi su dieci si tratta in realtà di coppie in cui entrambi i componenti in origine erano stranieri. Allo stesso modo, anche le coppie di genitori entrambi italiani vanno in parte ripensate perché nel 3,7% dei casi (dati 2022) si tratta di coppie in cui almeno uno dei due componenti in origine era straniero (Figura 17).
Figura 17. Nascite per tipologia di coppia dei genitori . Anni 2018-2022 (valori percentuali)
Analizzando le nascite da genitori entrambi italiani, che come già ricordato costituiscono la gran parte delle nascite (quasi l’80%), la percentuale di nati da genitori entrambi nuovi italiani è, nel 2022, inferiore all’1% (0,7%) e stabile nel periodo considerato.
Come già osservato per la distruzione dei nati con almeno un genitore straniero (senza considerare la componente dei nuovi italiani), anche la geografia dei nati con genitori con background migratorio vede un Centro-Nord dove queste tipologie di coppia sono maggiormente diffuse contrapposto a un Mezzogiorno dove i livelli si presentano ancora contenuti.
L’incidenza è superiore alla media nazionale nel Nord, pari all’1,3% nel Nord-ovest e all’1,5% nel Nord-est. Dal 2018 al 2022, oltre al Nord anche nel Centro si osserva un trend crescente della quota di nati da genitori entrambi nuovi cittadini italiani, mentre nel Mezzogiorno il fenomeno rimane esiguo e stabile nel tempo (Figura 18).
Figura 18. Nascite da coppie formate da genitori entrambi italiani per acquisizione. Italia e ripartizioni. Anni 2018-2022 (valori percentuali)
La quota di nascite da coppie in cui un genitore è italiano per nascita e l’altro genitore è italiano per acquisizione è lievemente più elevata di quella riscontrata per le nascite da genitori entrambi nuovi cittadini italiani, pur rimanendo su livelli bassi.
Considerando anche la dimensione di genere, ovvero andando a vedere se l’italiano per acquisizione sia la madre o il padre, si notano profili tra loro molto differenziati. L’incidenza è maggiore per le coppie in cui sia stata la madre ad acquisire la cittadinanza: nel 2022, l’1,9%, con un valore massimo del 2,9% registrato sia nel Nord-ovest sia nel Nord-est (Figura 19). I nati da coppie formate da una madre italiana dalla nascita e un padre italiano per acquisizione mostrano una quota ancora più contenuta (1,0% a livello nazionale e 1,9% nel Nord-est (Figura 20).
Figura 19. Nascite da coppie con padre italiano dalla nascita e madre italiana per acquisizione. Italia e ripartizioni. Anni 2018-2022 (valori percentuali)
Figura 20. Nascite da coppie con madre italiana dalla nascita e padre italiano per acquisizione. Italia e ripartizioni. Anni 2018-2022 (valori percentuali)
Finora, quindi, abbiamo analizzato le coppie di entrambi italiani che però all’origine presentavano almeno un componente straniero. Passiamo ora all'analisi delle coppie miste in origine formate da genitori entrambi stranieri. Tra le nascite da padre con cittadinanza straniera e madre italiana, in un terzo dei casi (33,0%) la madre era in realtà italiana per acquisizione (Figura 21). Dal 2018 al 2022, l’incidenza percentuale di coppie miste alla nascita del figlio con madre italiana per acquisizione è aumentata di quasi 8 punti percentuali, passando dal 25,2 al 33,0.
Il Nord-Est è la ripartizione in cui tale incidenza è più alta, pari al 40,6%, e dove la crescita nei cinque anni considerati è stata maggiore, pari a 10 punti percentuali.
Figura 21. Nascite da coppie formate da padre straniero e madre italiana per acquisizione. Italia e ripartizioni. Anni 2018-2022 (valori percentuali)
Tra le nascite da coppie miste formate da madre straniera e padre italiano, l’incidenza di quelle con padre italiano per acquisizione è pari, nel 2022, al 29,5%, in aumento di più di 13 punti percentuali sul 2018 (Figura 22). Anche in questo caso, l’incidenza è più elevata nel Nord-Est, 40,7%, con una crescita in cinque anni di circa 17 punti percentuali.
Figura 22. Nascite da coppie formate da madre straniera e padre italiano per acquisizione. Italia e ripartizioni. Anni 2018-2022 (valori percentuali)
Continuando a focalizzare l’attenzione sulle coppie miste al momento della nascita del figlio, è interessante osservare quali siano le cittadinanze precedenti del genitore che ha acquisito la cittadinanza. La distribuzione per cittadinanza precedente dei nuovi italiani appare sostanzialmente in linea con quella dei genitori stranieri confermando le specificità legate anche al genere (cfr. figura 16). Nelle coppie miste in cui il padre è straniero e la madre italiana per acquisizione, in due casi su cinque (40% nel 2022) la madre ha origine albanese o marocchina (Figura 23). La stessa incidenza si trova nelle coppie miste in cui è il padre ad aver acquisito la cittadinanza italiana (Figura 24). Nella maggior parte dei casi, la nazionalità di origine è la stessa posseduta dal partner. Fanno eccezione le madri originarie della Moldavia. Le donne dell’Est Europa arrivano in Italia prevalentemente sole ed è quindi più probabile per loro essere in coppia e avere figli con padri di nazionalità diversa.
Figura 23. Nascite da coppie con padre straniero e madre italiana per acquisizione per cittadinanza precedente. Anno 2022 (valori percentuali)
Figura 24. Nascite da coppie con madre straniera e padre italiano per acquisizione per cittadinanza precedente. Anno 2022 (valori percentuali)
L’analisi della natalità per cittadinanza dei genitori effettuata considerando anche l’informazione sull’acquisizione di cittadinanza italiana costituisce un passaggio essenziale per meglio qualificare le caratteristiche degli stessi genitori. In questo modo diviene quindi possibile comprendere i comportamenti demografici dei “nuovi italiani”, prevalentemente giunti in Italia da immigrati e via via integratisi nel tessuto sociale e demografico del Paese.
Un ulteriore approfondimento ha riguardato il record linkage dei dati delle nascite nel quinquennio 2018-2022 con almeno un genitore italiano per acquisizione con quelli dei matrimoni (riferiti al periodo 2007-2023). In questo modo è stato possibile verificare se questi genitori (circa 83 mila coppie) si siano sposati in Italia nel periodo precedente alla nascita del figlio e se al matrimonio già fossero italiani o, invece, abbiano acquisito la cittadinanza italiana proprio nel periodo intercorso tra il matrimonio e la nascita del figlio (Figura 25). L'integrazione tra i dati permette di focalizzare l'attenzione sulle coppie che abbiano sperimentato tutti e tre gli eventi: nascita di un figlio iscritto in Anagrafe, matrimonio in Italia e acquisizione di cittadinanza italiana da parte di almeno uno dei due componenti.
Ad essersi sposato in Italia prima della nascita del primo figlio è l'86% di queste coppie mostrando un comportamento di tipo tradizionale per la formazione della famiglia. I percorsi più diffusi sono quelli che vedono l’acquisizione di cittadinanza da parte di uno solo dei due genitori. Nel 55% dei casi questa avviene prima del matrimonio che, a sua volta, si è verificato prima della nascita del primo figlio. Tale percorso, considerando l’anno di nascita del primo figlio mostra un andamento crescente nel quinquennio 2018-2022 a conferma della progressiva perdita di centralità del matrimonio come motivo di acquisizione di cittadinanza. Un altro percorso rilevante, osservabile nel 24% dei casi, è quello in cui l’acquisizione di cittadinanza da parte di uno solo dei due genitori avviene dopo il matrimonio ma prima della nascita del figlio. Questo percorso appare stabile considerando l’anno di nascita del primo figlio.
Figura 25. Coppie di genitori per sequenza di eventi (matrimonio, nascita del figlio e acquisizione di cittadinanza) e anno di nascita del figlio. Anni 2018-2022 (valori percentuali) (a)
I divorzi in età avanzata
In Italia, la dissoluzione dei matrimoni, rappresentata da un processo in due fasi (separazione seguita, eventualmente, da divorzio), è diventata sempre più frequente tra le coppie. I corsi di vita degli individui si sono via via diversificati, non solo in relazione ai tempi e alle modalità di formazione e dissoluzione della prima unione – caratterizzata dal rinvio del primo matrimonio, spesso preceduto da una fase di vita di coppia in libera unione – ma anche a causa dell’instabilità coniugale e, conseguentemente, della formazione di nuove unioni anche nelle fasi più avanzate della vita. La letteratura internazionale ha coniato il termine “divorzi grigi” per riferirsi all’instabilità coniugale in età avanzata. Gli studiosi utilizzano spesso anche il termine “silver splitters” o "divorzi grigi" per riferirsi a persone che si separano o divorziano dopo i 50 anni (Brown e Lin 2012).
L'aumento significativo dei divorzi grigi influisce inevitabilmente sulla formazione di nuove famiglie in cui almeno un partner è stato precedentemente sposato, così come confermato considerando l'aumento dei secondi matrimoni. L'allungamento della vita media, la sempre più ampia diffusione di comportamenti secolarizzati in tutte le fasce della popolazione e il valore dei rapporti intergenerazionali sono alcuni tra gli aspetti che vengono affrontati negli studi del fenomeno nel contesto italiano (Vignoli, Alderotti e Tomassini 2024; Tomassini e Vignoli 2023).
A partire dagli anni 2000, l’instabilità coniugale è gradualmente aumentata in Italia (Figura 26). Nel 2015, il numero di divorzi ha visto un forte incremento (+57,5% rispetto all’anno precedente) a causa di significativi cambiamenti legislativi, con l’introduzione della cosiddetta "Legge sul divorzio breve", che ha modificato le regole riguardanti la dissoluzione e la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Anche la pandemia ha influenzato l’instabilità coniugale. Il forte calo dei divorzi (e delle separazioni) osservato nel 2020 non va interpretato come una riduzione dell’instabilità coniugale, quanto piuttosto come dipendente dalla ridotta funzionalità dei Tribunali e degli Uffici di Stato Civile dei comuni. Negli anni successivi alla pandemia, infatti, il numero dei divorzi ha ripreso a crescere, con una sostanziale stabilità nell’ultimo biennio.
Figura 26. Divorzi in Italia. Anni 2000-2022 (valori assoluti e tassi per 10.000 residenti)
Il rinvio di tutte le fasi della vita degli individui e del ciclo di vita delle unioni ha portato nel tempo a un graduale aumento dell’età in cui si verificano i divorzi. Si va diffondendo, allo stesso tempo, una maggiore propensione a divorziare a età più avanzate rispetto al passato. In due decenni, l’età media dei mariti e delle mogli è aumentata di quasi 8 anni: nel 2022 è rispettivamente pari a 51,8 anni e 48,6 anni (Figura 27).
Figura 27. Età media al divorzio per sesso (anni)
Nel 2000, il 25% dei divorzi riguardava uomini di 50 anni e oltre, mentre nel 2022 questa percentuale è salita al 59%; le donne che hanno divorziato a partire dai 50 anni nel 2000 erano il 18%, mentre nel 2022 sono salite al 46% (Figura 28). In particolare, i divorzi degli ultrasessantacinquenni sono passati dal 3% all’11% per gli uomini e dal 2% al 6% per le donne.
Figura 28. Divorzi per fasce di età dei coniugi. Anni 2000, 2005, 2010, 2015 e 2020-2022 (composizioni percentuali)
Come già osservato per gli altri fenomeni demografici considerati, il segmento degli italiani per acquisizione è in aumento anche in relazione alla pratica di divorzio (Figura 29). I mariti con cittadinanza italiana per acquisizione che hanno divorziato nel 2000 erano l’1%, venti anni dopo questa quota risulta triplicata; anche nel caso delle mogli si è osservato un trend di crescita (dal 3% al 5%). Nello stesso arco temporale sono aumentati ancor di più di più gli stranieri che divorziano in Italia nonostante quello che viene definito come forum shopping ovvero il ricorso al tribunale con i tempi e i costi più favorevoli (Conti, Guarneri 2021).
Figura 29. Divorzi per cittadinanza dei coniugi. Anni 2000, 2005, 2010, 2015 e 2020-2022 (composizioni percentuali)
I divorzi verificatisi in Italia che hanno visto coinvolto almeno un coniuge straniero o di origine straniera sono passati da poco più di 2 mila dell’anno 2000 a più di 10 mila del 2022. La quota dei divorzi con almeno un coniuge straniero o di origine straniera sul totale dei divorzi, in più di 20 anni, è più che raddoppiata (dal 5,6% al 12% circa).
Le coppie miste in cui un coniuge è italiano dalla nascita e l’altro italiano acquisito o straniero rappresentano, nel 2022, il 9,9% del totale dei divorzi. Nel 66,9% dei casi è la moglie con background migratorio ad essere sposata con un italiano dalla nascita, quota molto stabile nel tempo e totalmente in linea con la tipologia di matrimonio misto maggiormente diffusa in Italia (Figura 30).
Figura 30. Divorzi di coppie miste per cittadinanza dei coniugi. Anni 2015-2022 (composizioni percentuali e valori assoluti in migliaia)
Focalizzando l’attenzione sui silver splitter, la popolazione di partenza è composta dagli individui sposati di età pari o superiore ai 50 anni all’inizio del 2022. In una prospettiva longitudinale, si accerta per questi individui un cambiamento nello stato civile alla fine dell’anno (da sposato a divorziato). Oltre alle principali caratteristiche socio-demografiche si considerano le informazioni supplementari sulle acquisizioni di cittadinanza (flussi annuali) e sui nuovi cittadini (stock dei residenti che hanno acquisito la cittadinanza).
Sono stati, quindi, tracciati i profili sulla base di alcune caratteristiche socio-demografiche e del matrimonio (osservate per gli esposti a rischio a inizio 2022) mettendo a confronto coloro che, alla fine del 2022, risultano divorziati con coloro che risultano, invece, coniugati (Figura 31).
Figura 31. Divorziati e rimasti coniugati (al tempo t+1) per principali caratteristiche dei coniugi e del matrimonio. Anno 2022 (valori percentuali) (a)
Chi ha divorziato nel corso del 2022 è relativamente più giovane, mostra un titolo di studio più elevato e appartiene alle coorti di matrimonio più recenti. Va, quindi, sottolineato come la coorte matrimoniale abbia un effetto rilevante sui divorzi grigi in linea con il generale andamento che vede la durata del matrimonio progressivamente diminuire in modo inversamente proporzionale all’anno del matrimonio. Per quanto riguarda la cittadinanza, invece, non si notano differenze tra i due profili analizzati che mostrano sostanzialmente la stessa distribuzione anche se, tra i divorziati rispetto a coloro che non hanno dissolto il proprio vincolo coniugale, è presente una quota leggermente più elevata di italiani per acquisizione (2,9% rispetto a 2,3%). Questo ultimo elemento di sostanziale convergenza appare di interesse facendoci ipotizzare che, come già illustrato per la fecondità, anche per l’instabilità coniugale in età matura si potrebbe profilare una sorta di adaptation theory che vede i comportamenti dei cittadini con background migratorio in linea con quelli degli autoctoni.
Percorsi di integrazione a confronto
I percorsi di integrazione sociale dei migranti sono complessi e si articolano in più tappe. Grazie alle potenzialità offerte dall’integrazione tra diverse fonti, è stato possibile ricostruire e analizzare l’ordine di alcuni snodi cruciali nelle traiettorie individuali e familiari degli individui di origine straniera in Italia. Secondo questa prospettiva di studio, le seguenti analisi mirano a comprendere in che misura i migranti in Italia si sposino e come vari questo aspetto in base al motivo del permesso di soggiorno, anche al fine di comprendere quali cittadini stranieri siano più portati a sposarsi più frequentemente.
Inoltre, nelle migrazioni contemporanee, caratterizzate da una maggiore mobilità, l’ordine di certi eventi che caratterizzano i processi di integrazione non segue necessariamente la successione tradizionale delle fasi che tra l’altro è meno frequente anche tra gli autoctoni. Da qui, ne discende l’interesse per capire in quale fase del percorso d‘integrazione i migranti tendano a sposarsi.
L’analisi parte dai permessi di soggiorno, perché solo nel momento in cui diventano regolarmente presenti nel paese i migranti possono avviare il loro processo di stabilizzazione e integrazione. Naturalmente, non tutti i migranti hanno progetti migratori permanenti, le migrazioni temporanee e circolari sono in crescita, ma il permesso di soggiorno conferisce ai cittadini non appartenenti all'UE i diritti per potersi integrare. Negli ultimi anni, le ragioni per cui si arriva in Italia sono cambiate (Figura 32). La motivazione principale è la famiglia, mentre i permessi di lavoro sono aumentati nuovamente solo negli ultimi anni, dopo un lungo periodo di stagnazione. Si deve segnalare poi che, a partire dal decennio scorso, i permessi concessi a persone in cerca di protezione internazionale sono diventati molto significativi (Bonifazi e Conti 2025), tanto da essere la seconda motivazione di ingresso nel 2024, ma con pochissimo stacco rispetto ai ricongiungimenti familiari (la prima motivazione). Nel 2022 si è registrato un picco nel numero di nuovi permessi di soggiorno rilasciati per motivi di protezione a causa dello scoppio della guerra in Ucraina. Tuttavia, già l’anno successivo, si è verificato un calo nei permessi di soggiorno rilasciati per asilo e protezione internazionale, che sono scesi da oltre 200 mila nel 2022 a circa 106 mila nel 2023 (-47,6%) per poi arrivare e a poco più di 104 mila nel 2024.
Figura 32. Cittadini non comunitari per motivo del permesso. Anni 2011-2024 (valori assoluti)
Il punto di partenza per questa analisi sono due coorti di ingresso in Italia (definite considerando l’anno del primo permesso di soggiorno), quella del 2014 e quella del 2018. La coorte del 2014 è stata scelta perché antecedente alla crisi dei rifugiati e quella del 2018 come termine di confronto più recente ma in grado di fornire un orizzonte temporale minimo per poter osservare il verificarsi degli eventi oggetto di studio (acquisizione di cittadinanza e matrimonio). La prima coorte è composta da 233 mila migranti, di cui più di 203 mila maggiorenni, mentre la seconda include 242 mila migranti, di cui più di 179 mila maggiorenni. Le donne rappresentano il 41,8% della coorte del 2014 e il 45,3% di quella del 2018. Per ciò che concerne i possibili percorsi familiari, i migranti sono prevalentemente giovani e quindi in gran parte potenzialmente inclusi nel mercato matrimoniale. L’analisi si concentra su tre momenti chiave del percorso migratorio: il primo permesso di soggiorno, il matrimonio e l’acquisizione della cittadinanza. Adottando una prospettiva longitudinale, l’ingresso formale in Italia è messo in relazione con il matrimonio e l’acquisizione della cittadinanza, con l’intento di comprendere cosa sia accaduto a questi migranti dopo il loro arrivo. L’analisi non può che partire dalla propensione alla stabilizzazione sul territorio: a distanza di cinque anni circa la metà dei migranti entrati nel 2014 e nel 2018 sono ancora presenti nel Paese, soprattutto quando il motivo del permesso di soggiorno era per motivi di famiglia (Figura 33).
La combinazione di eventi che si è verificata più frequentemente in un arco di tempo di cinque anni per le diverse coorti di arrivo in Italia è "nessun matrimonio e nessuna acquisizione della cittadinanza" (passata dal 96% della coorte del 2014 al 92% di quella del 2018); tra le restanti combinazioni quella più diffusa è "matrimonio e nessuna acquisizione della cittadinanza". Questi risultati sono coerenti con la legislazione sulla cittadinanza, che raramente consente l'acquisizione della cittadinanza prima dei dieci anni di residenza (quattro anni per i cittadini dell'UE e cinque anni per i rifugiati riconosciuti e gli apolidi).
Figura 33. Immigrati ancora presenti in Italia a cinque anni dall’ingresso per motivo del permesso di soggiorno. Coorti di ingresso 2014 e 2018 (valori percentuali)
Per verificare l’ipotesi che le tappe dell’integrazione possano seguire una sequenza diversa da quella attesa il periodo di osservazione è stato esteso anche ad alcuni anni prima dell’emissione del primo permesso di soggiorno. Tra il 2011 e il 2023 ha contratto matrimonio il 4,2% della coorte del 2014 e il 4,8 della coorte del 2018. È interessante osservare che, per entrambi le coorti (anche se più spiccatamente per quella del 2018), in molti casi il matrimonio avviene nello stesso anno del rilascio del primo permesso o lo precede di un anno. Si tratta di un’evidenza che sottolinea come in Italia i matrimoni di stranieri non sempre rappresentano una tappa avanzata del percorso di inserimento, ma sono spesso il primo passo per iniziare il processo di stabilizzazione nel nostro Paese, probabilmente attraverso il ricongiungimento familiare.
Tra il 2014 e il 2023 il 4% della coorte del 2014 ha acquisito la cittadinanza e, tra il 2018 e il 2023, il 3,8% della coorte del 2018 (Figura 34). La tendenza all'acquisizione della cittadinanza per la coorte del 2018 è stata influenzata dall'impatto del Covid-19. Infatti, nel 2020 e nel 2021 la quota di acquisizioni è stata particolarmente bassa. Inoltre, i cambiamenti legislativi che regolano i tempi per acquisire la cittadinanza hanno inevitabilmente influenzato il trend in calo della coorte del 2018.
Figura 34. Matrimonio e acquisizione di cittadinanza dei cittadini non UE per anno di evento. Coorti di ingresso 2014 e 2018 (valori percentuali)
Considerando che in Italia la naturalizzazione ordinaria non è generalmente possibile prima di dieci anni di residenza, occorre sottolineare che le acquisizioni per matrimonio rappresentano il 51,0% del totale delle acquisizioni nella coorte del 2014, ma con una forte differenziazione di genere (26,7% per gli uomini e 62,9% per le donne); nella coorte del 2018, le acquisizioni per matrimonio scendono al 19,0% del totale delle acquisizioni (9,2% per gli uomini e 27,0% per le donne). Questi dati evidenziano importanti differenze di genere nei modelli di acquisizione di cittadinanza. Nella coorte del 2014, il matrimonio è stato un canale chiave per le donne per ottenere la cittadinanza. Nella coorte del 2018, mentre i tassi complessivi di acquisizione della cittadinanza sono aumentati, le procedure per matrimonio sono diminuite, lasciando supporre traiettorie di integrazione più ampie o autonome, in particolare per le donne. Anche se riguarda numeri relativamente piccoli, questa evoluzione meriterà ulteriore attenzione, soprattutto per capire le ragioni alla base dei cambiamenti. Ad esempio, è importante prendere in considerazione anche i cambiamenti nei flussi migratori e l'arrivo di minorenni che acquisiscono la cittadinanza tramite i genitori.
Per consentire la comparabilità tra le due coorti scelte, ci si è concentrati su un arco di tempo di cinque anni dopo il rilascio del primo permesso di soggiorno e sono stati inclusi nell’analisi solo i maggiorenni al momento dell’ingresso nel nostro Paese. Dopo cinque anni, il 2,8% dei cittadini non UE arrivati in Italia nel 2014 si erano sposati (1,6% per gli uomini e 4,6% per le donne); per coloro che sono arrivati nel 2018, la quota sale al 4,8% (rispettivamente 2,9% per gli uomini e 6,9% per le donne). Quando si analizzano i modelli di matrimonio tra i migranti non UE cinque anni dopo l'arrivo, emergono chiare differenze tra uomini e donne, a seconda della motivazione della migrazione (Figura 35).
Nella migrazione per motivi di lavoro, il matrimonio è piuttosto raro per entrambi i sessi. Tuttavia, le donne tendono a sposarsi leggermente di più degli uomini in questa categoria. Ad esempio, nella coorte del 2018, circa il 4,1% delle donne venute per motivi di lavoro si sono sposate entro cinque anni, rispetto solo all'1,5% degli uomini, mostrandosi più propense a stabilire legami familiari dopo l'arrivo. L'effetto di genere è osservato in entrambe le coorti: per la coorte del 2014, nei cinque anni successivi all'arrivo, il 5,5% delle donne e l'1,4% degli uomini si sono sposati.
I migranti che hanno avuto un primo permesso per ricongiungimento familiare mostrano le quote di matrimonio più elevate, soprattutto per le donne; si ricordi anche quanto detto sopra rispetto ai ricongiungimenti che avvengono nello stesso anno del matrimonio o in quello successivo.
Nella coorte del 2014, il 3,6% delle donne che sono migrate per motivi familiari si sono sposate entro cinque anni, cifra che sale al 4,5% per la coorte del 2018. Tra gli uomini, le proporzioni sono molto più contenute: circa il 2% nel 2014 e il 2,5% nel 2018.
Figura 35. Matrimonio nei cinque anni successivi all’ingresso dei cittadini non UE entrati a 18 anni per sesso e motivo del permesso. Coorti di ingresso 2014 e 2018 (valori percentuali)
Anche tra coloro venuti per motivi di studio, sussistono differenze di genere. Le donne si sposano ancora più frequentemente degli uomini. Nella coorte del 2018, ad esempio, circa il 4,5% delle studentesse si è sposata entro cinque anni, rispetto solo all'1,2% degli studenti. Questo indica che le studentesse sono più propense a costruire legami sociali e familiari durante i loro studi o a rimanere e stabilirsi dopo aver completato la loro formazione.
Per coloro che sono arrivati per asilo o protezione internazionale, i modelli di matrimonio sono più variegati. Nella coorte del 2014, le donne avevano un tasso di matrimonio significativamente più alto (circa il 5,9%) rispetto agli uomini (circa l'1%). Un pattern simile si osserva nella coorte del 2018: circa l'8% delle donne e l'1,7% degli uomini si sono sposati entro cinque anni.
Come per altri fenomeni risulta interessante osservare le differenze tra le principali collettività anche se si tratta di numerosità esigue (Figura 36). Il 10,4% delle donne nigeriane e il 4,5% delle donne albanesi arrivate in Italia nel 2014 risulta sposata cinque anni dopo; anche tra gli uomini, sebbene in misura minore, sono queste le comunità che si sono sposate di più in Italia. Per la coorte del 2018, la situazione appare peculiare perché, in un contesto in cui il matrimonio appare poco diffuso, le donne nigeriane mettono in evidenza una propensione al matrimonio davvero alta: il 12,2% risulta sposata cinque anni dopo. Si sottolinea che si tratta di donne arrivate per richiesta di protezione.
Figura 36. Matrimonio e acquisizione nei cinque anni successivi all’ingresso dei cittadini non UE entrati a 18 anni per sesso e principali cittadinanze. Coorti di ingresso 2014 e 2018 (valori percentuali)
Va quindi ribadito come, nelle migrazioni contemporanee, le tappe dei processi di integrazione possono seguire un ordine diverso, in parte dettato anche dalle norme. L’acquisizione di cittadinanza in Italia è un processo lungo e anche quella per matrimonio richiede tempo. Per l’Italia emerge che il matrimonio è per molti non un evento che arriva dopo anni di integrazione, ma come inizio del percorso. Si tratta in molti casi verosimilmente di chi si ricongiunge a un partner che si trova già in Italia. Le persone che arrivano in Italia come richiedenti asilo e sotto altre forme di protezione, specie se donne, si sposano nel nostro Paese come e più di chi arriva per altri motivi. Chi arriva per lavoro si sposa meno, ma si deve considerare che per lungo tempo non ci sono stati decreti flussi e regolarizzazioni (molti lavoratori erano quindi stagionali). In futuro un'estensione del periodo di osservazione - ad almeno dieci/dodici anni - permetterà di prendere in considerazione anche le acquisizioni di cittadinanza attraverso altre procedure, come quelle per naturalizzazione ordinaria.
Conclusioni
A inizio 2024 i cittadini stranieri residenti in Italia sono più di 5 milioni. Gli italiani sono quasi 54 milioni; di questi più di 2 milioni sono nuovi italiani, ovvero coloro che alla nascita avevano una cittadinanza straniera (o perché immigrati dall’estero o perché figli di immigrati stranieri). È interessante notare come questo contingente sia inferiore a quello degli stranieri residenti ai dati del Censimento 2001 (1,3 milioni). Già questa similitudine ci dovrebbe far riflettere sulle potenzialità della crescita del segmento dei nuovi italiani che viene posto sempre più spesso sotto i riflettori mediatici ma che ancora non è stato studiato e analizzato in tutte le sue sfaccettature. Questa pubblicazione, in continuità con quanto svolto in precedenti lavori, ha aggiunto alcuni tasselli al complesso mosaico rappresentato dalla popolazione dei cittadini che hanno acquisito la cittadinanza italiana e dalle sue caratteristiche. L’intento è stato quello soprattutto di analizzare alcuni snodi importanti, individuali e familiari, del loro ciclo di vita.
Oggi diventa sempre più complesso studiare i comportamenti familiari e riproduttivi degli individui con background migratorio utilizzando il solo criterio della cittadinanza al momento del matrimonio o della nascita di un figlio. Per meglio analizzare il contributo della popolazione con background migratorio diventa quindi necessario specificare la componente dei “nuovi italiani”.
Questo viaggio attraverso il tempo ha riguardato in primis il matrimonio considerando la combinazione di cittadinanze degli sposi. In termini relativi, tra i matrimoni misti del 2023, il 14,6% coinvolge uno sposo italiano per acquisizione; nel 2018 questa quota era esattamente la metà. Tra i matrimoni misti, se consideriamo anche la dimensione di genere, quando è la sposa a essere italiana per acquisizione, più di una su quattro è di origine straniera. Il consistente aumento della presenza di italiani per acquisizione al momento del matrimonio è in linea con un più avanzato processo di integrazione dei cittadini stranieri; sempre più matrimoni, teoricamente misti, sono in realtà celebrati tra cittadini che alla nascita possedevano la stessa cittadinanza estera. Occorre, quindi, ripensare il concetto e la valenza della coppia mista.
Considerando le caratteristiche delle coppie in cui ci sono nuovi italiani è interessante notare come la differenza media di età presenti, ad esempio, alcune peculiarità rispetto alle altre tipologie di coppia. Infatti, nelle coppie miste con una sposa straniera se lo sposo è italiano per acquisizione, l’age gap è di 5,7 anni, superiore alla differenza media totale (4,8 anni) ma molto diverso da quella in cui lo sposo è italiano dalla nascita (8,8 anni). Quando nella coppia mista è lo sposo ad essere straniero le differenze di età sono un po’ più contenute (5,3 anni) e si notano profili tra loro sostanzialmente omogenei.
Una seconda tappa cruciale è quella della nascita di un figlio. Nell’ambito delle nascite da coppie miste e da coppie di genitori entrambi italiani è importante quantificare in quante di queste situazioni almeno un genitore sia italiano per acquisizione. Le coppie miste anche qui cambiano accezione: in più di tre casi su dieci, nel 2022, si tratta in realtà di coppie in cui entrambi i componenti in origine erano stranieri. Allo stesso modo, anche le coppie di genitori entrambi italiani vanno in parte ripensate perché nel 3,7% dei casi si tratta di coppie in cui almeno uno dei due componenti in origine era straniero.
Un altro step in cui si può incorrere nella propria vita è quello del divorzio. La quota dei divorzi con almeno un coniuge straniero o di origine straniera sul totale dei divorzi, in più di 20 anni, è più che raddoppiata (dal 5,6% al 12% circa). Le coppie miste in cui un coniuge è italiano dalla nascita e l’altro italiano per acquisizione o straniero rappresentano, nel 2022, il 9,9% del totale dei divorzi; tra queste due su tre riguardano coppie con marito italiano per nascita e moglie straniera o italiana per acquisizione (quota del tutto coerente con la tipologia più frequente di matrimoni misti celebrati in Italia).
A questo punto, si focalizza l’attenzione sulla dimensione individuale per tracciare un percorso a più tappe (primo permesso di soggiorno, acquisizione della cittadinanza e matrimonio) di cui si vuole studiare soprattutto l’ordine degli eventi che non segue sempre la sequenza che ci potremmo aspettare. Adottando un approccio per coorte, sono stati selezionati due anni di ingresso formale tramite il primo permesso di soggiorno (2014 e 2018) e, in entrambi i casi, emerge come il matrimonio sia per molti non un evento che arriva dopo anni di integrazione, ma come inizio del percorso. Nella coorte del 2014, il matrimonio è stato un canale chiave per le donne per ottenere la cittadinanza mentre, nella coorte del 2018, le procedure per matrimonio sono diminuite (nonostante un aumento delle acquisizioni totali).
Uno dei contributi più originali di questa pubblicazione risiede nell'uso di fonti di microdati amministrativi integrati. Ogni fonte ha le sue caratteristiche ed è stato deciso, volendo adottare un approccio longitudinale, da quali dati partire per poter analizzare in maniera più efficace i cambiamenti. La dimensione della coppia è interessante da studiare, ma partire da dati dell’individuo consente maggiori intersezioni tra i dati. Si è scelto, quindi, a seconda dei fenomeni studiati, di focalizzare l’attenzione alternativamente sulla coppia (ad esempio partendo da eventi come il matrimonio, l’unione civile o la nascita di un figlio) o sull’individuo (partendo dai permessi di soggiorno o dai cambi di stato civile).
I risultati qui emersi ripercorrono vari fenomeni demografici alla luce della lente della cittadinanza di origine con l’intento di offrire svariati spunti di riflessione e approfondimento per analizzare la complessità dei processi di integrazione che riguardano ora soprattutto le prime generazioni di migranti — che nel tempo sono cambiate in termini di profilo e caratteristiche — ma, nel futuro coinvolgeranno sempre di più i loro discendenti.